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Pia Piccioni nacque nel 1897 a Maiolati Spontini (Ancona). Nel 1919 a Roma, dove lavorava nella redazione del giornale “Il Comunista”, diretto da Amadeo Bordiga, conobbe Vincenzo Baccalà, amico di Gramsci e funzionario del PCI fin dal momento della fondazione del partito. Si sposarono nel 1922, e nel 1925 Pia seguì a Parigi il marito, dove era scappato perchè più volte arrestato dalla polizia a causa della sua attività eversiva come attivista comunista. Nel 1931 la famiglia dovette lasciare anche la Francia ed emigrare in Unione Sovietica. Il cosiddetto “paradiso socialista” divenne la tomba di Vincenzo Baccalà. Stabilitosi a Odessa con la moglie per organizzare la propaganda presso i marinai italiani, fu licenziato dal partito nel 1933 per aver espresso la propria contrarietà alla linea di Stalin, ormai prevalente. Sospettato di trotzkismo dagli altri compagni italiani, nel clima di caccia alle streghe dell'ambiente moscovita, fu costretto a lasciare la moglie e le tre figlie a Odessa con il solo sostentamento del Soccorso Rosso. Nel 1937 venne arrestato e trasferito nel carcere di Odessa, dal quale riuscì a far uscire dei biglietti per la moglie, in cui denunciava i duri interrogatori e la montatura imbastita contro di lui. Senza più mezzi di sostentamento, Pia si precipitò a Mosca per chiedere aiuto ai comunisti italiani, ma le venne negato qualsiasi soccorso. Sola, senza denaro e aiuti, Pia Piccioni fu costretta ad abbandonarlo in carcere per tornare in Italia con le figlie, delle quali una gravemente ammalata. Ma già prima, mentre il marito assolveva i suoi incarichi politici tra le diffidenze e le rivalità interne del gruppo dei rifugiati italiani, Pia si era ritrovata a combattere una lotta quotidiana e durissima contro l'inverno russo, il sospetto, la delazione, le malattie, la scarsità di cibo. Alla fine della guerra cercò notizie del marito sia presso l'ambasciata che tra i compagni del partito. Scrisse un memoriale e si rivolse ai dirigenti nazionali del PCI, ma si sentì rispondere: “Noi non faremo nulla contro l'Unione Sovietica”. Solamente nel 1991 e solo grazie alla sezione di Odessa dell'Associazione Memorial, riuscì a sapere che Vincenzo Baccalà era stato fucilato alla fine del 1937 e riabilitato dal Tribunale militare sovietico nel 1956 "per mancanza del reato". Nel 1995 venne pubblicato il libro Compagno silenzio, nel quale Pia racconta la sua odissea e la tragica vicenda del marito. Nello stesso anno Pia, ultranovantenne vedova di Vincenzo Baccalà, morì a Milano e le sue ceneri vennero poi tumulate nel cimitero di Maiolati Spontini, insieme a quelle delle due figlie, Rina e Parisina Baccalà. |
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