Moranino Francesco: criminale comunista

Edito il 17 giugno 2018


Francesco Moraino (Tollegno (Biella), 16 febbraio 1920 - Grugliasco (Torino), 18 giugno 1971), è stato un partigiano comunista assassino, a capo delle formazioni garibaldine comuniste nel biellese nel periodo della cosiddetta “resistenza”, nonché successivamente un politico e deputato parlamentare italiano.
Il PCI lo inviò a comandare il distaccamento “Pisacane” delle Brigate Garibaldi, dove assunse lo pseudonimo di “Gemisto”.

Moranino Comandò anche la 50° Brigata Garibaldi e la XIIa Divisione Pietro Pajetta, entrambe comuniste, oltre alla 182a Brigata Garibaldi "Pietro Camana" di Vercelli.

Dopo aver ucciso decine di militi della Repubblica Sociale Italiana, nonostante il fatto che questi si fossero arresi deponendo le armi, i partigiani comunisti sotto il suo comando prelevarono 140 prigionieri, precedentemente agli ordini del comandante fascista Morsero, e li trasferirono all'interno dell'Ospedale psichiatrico di Vercelli.

In quel luogo iniziò una feroce mattanza, nella quale i prigionieri vennero massacrati in modo orribile, al punto che le pareti dei locali dove avvenne l'eccidio erano lorde del sangue delle vittime fino ad altezza d'uomo.

Alcune di loro furono schiacciate da un autocarro, nel cortile dell'ospedale, mentre altri vennero fucilati, per soddisfare la lucida barbarie omicida dei partigiani comunisti di Moranino.

I sopravvissuti a quel delirio di sangue vennero caricati su un paio di autocarri e trasportati fino al ponte di Greggio, che sovrastava il canale Cavour, dove vennero uccisi.

supplizio I loro corpi senza vita furono gettati nelle acque del canale, palesando un totale disprezzo per la vita e per i diritti umani, così come era abituale consuetudine delle orde comuniste.

Nei giorni successivi, i condotti di irrigazione alimentati dal canale Cavour restituirono i corpi di ben sessanta vittime.
Questo non fu però l'unico eccidio ascrivibile alla ferocia di Moranino e dei suoi partigiani garibaldini.
Il 26 novembre del 1944, a Portula, in val Sessera, nei boschi dell’alto biellese, l’esponente comunista e capo partigiano si macchiò di una strage efferata ed infame, organizzando una imboscata insieme ai suoi “garibaldini” e massacrando 7 persone.
Si trattò di due genovesi, agenti dei servizi segreti americani in missione, e di tre partigiani vercellesi che li accompagnavano.
Gli esecutori materiali del brutale eccidio furono i partigiani comunisti assassini "Negher" e "Ilvo", che dopo aver sparato le raffiche di mitra contro le loro vittime, si affannarono squallidamente a spogliarle di ogni cosa di valore, frugando i loro corpi senza vita.

"Negher", interpretando il ruolo e lo stereotipo del vigliacco partigiano comunista, si impossessò avido come uno sciacallo dell'orologio da polso e di quattrocentomila lire, vantandosene poi con i suoi compagni di brigata.

Dopo la mattanza ordinata e diretta da Moranino, i “valorosi partigiani comunisti ”assassinarono brutalmente anche due delle mogli dei vercellesi.
I due partigiani chiamati "Volante" alias Santi Ermo e "Sguaita" alias Sguaitamatti Remo le prelevarono da casa loro con la scusa di accompagnarle da Moranino e le portarono invece in località Flecchia, una frazione di montagna del biellese, dove le trucidarono ferocemente, infierendo sui cadaveri.

Ogni partecipante all'eccidio fu premiato da Moranino in persona, che diede loro come compenso la somma di trecento lire ciascuno.

Dopo la guerra, nel 1947 Moranino a soli 26 anni di età fu eletto nelle file del Partito Comunista come Parlamentare e divenne sottosegretario al Ministero della guerra nel governo democristiano guidato da Alcide De Gasperi.

Nel 1949 i giudici chiesero l’arresto di “Gemisto” che però scappò, aiutato dal P.C.I., salvo poi ritornare una volta rieletto in Parlamento nel 1953.
Nuovo mandato di cattura e nuova fuga dell’eroico partigiano comunista pluri- assassino.
Nel 1955 Moranino venne rinviato a giudizio per omicidio plurimo, e il Parlamento concesse l’autorizzazione a procedere per il processo penale a seguito del quale Moranino fu condannato all’ergastolo dalla Corte di Assise di Firenze per l’uccisione di cinque partigiani bianchi e di due delle loro mogli.
Nel processo d’Appello del 1957 venne confermata la condanna, ma il comunista stragista non fece nemmeno un giorno di galera poiché il PCI lo aiutò a scappare dall’Italia, facendolo rifugiare a Praga, a quel tempo roccaforte comunista.

L’organizzazione comunista “Soccorso rosso” (a cui appartenevano anche Dario Fo e Franca Rame) si occupò di non fargli mancare il sostegno economico e qualsiasi altro supporto materiale.

Nel 1958 il Presidente Gronchi commutò la sua pena dall’ergastolo a dieci anni di reclusione.

radio Nella capitale cecoslovacca Moranino lavorò a “Radio Praga” una emittente comunista che trasmetteva programmi di propaganda politica, dando la sua voce “in lingua italiana” ai tanti comunicati stalinisti mandati “in onda”.

Nel 1965 il successore di Gronchi, il socialdemocratico Giuseppe Saragat gli concesse la grazia, nonostante il parere negativo del procuratore generale di Firenze, chiamato ad esprimere un giudizio, e nonostante il fatto che Moranino, a quel momento, fosse latitante oltre la Cortina di ferro.
Lo scudo che la resistenza rossa (fradicia del sangue di vittime innocenti) opponeva alla verità dei fatti, coprì molti delinquenti assassini comunisti, incurante di palesare così un reale e concreto disprezzo verso le vittime della ferocia partigiana comunista.
Al suo ritorno in Italia Moranino fu accolto a braccia aperte dai comunisti e arrogantemente candidato nelle file del PCI, poi eletto senatore, carica che mantenne fino all’anno della sua morte nel 1971.

Le sue vittime furono:

Gennaro Santucci, Mario Francesconi, Ezio Campasso, partigiani non comunisti.

Emanuele Strassera, Giovanni Scimone, agenti dell’Ufficio servizi Strategici americani.

Le due mogli dei partigiani, (Maria Santucci e Maria Francesconi) a cui dopo la morte fu svuotata anche la casa.

Testimoni raccontano che la loro radio fu usata la sera stessa nel locale del comando comunista partigiano per ballare, mentre le due proprietarie erano già sotto terra.
Le mogli delle vittime furono ammazzate senza esitazioni perché avrebbero potuto denunciare l’assassinio dei loro mariti, inoltre si cercò di far ricadere la responsabilità della loro morte sui fascisti e sui loro rastrellamenti.

Nella sentenza di condanna di Moranino si legge:

… un comportamento ispirato ad una faziosità politica, ed ai metodi usati, rivelatori di un'assoluta mancanza di umanità che hanno raggiunto i limiti di uno spietato cinismo”.

iena Nel 1966, in un giorno di dicembre, a distanza di 22 anni dalla strage, si è tolta la vita con il gas la moglie di Emanuele Strassera, Teresa, di appena 51 anni di età, dilaniata da un dolore inestinguibile che la accompagnava da quel triste giorno del 1944.

Moranino è stato un ergastolano eletto “onorevole”, un assassino pluri-omicida, e rappresenta il simbolo dell’arroganza comunista e della sua ferocia nei confronti della società civile.

Quello di Moranino, criminale comunista, è solo uno dei tantissimi episodi similari che rientrano in un piano di disinformazione studiato a tavolino dagli intellettuali delle sinistre per mistificare, nascondere, occultare le tante nefandezze compiute in nome dell’arroganza e della ferocia comunista.
Un esempio ?

Dario Fo si presentava come un giocoso giullare del mondo dello spettacolo, mentre in realtà era un marxista che sostenendo i responsabili di attività criminali comuniste ne diventava correo delle atrocità e dei crimini commessi.
Incredibilmente è accaduto che un Capo di Stato della Repubblica italiana graziasse un pluriomicida di uomini e donne innocenti, permettendo inoltre che questi sedesse sugli scranni parlamentari.
Nel frattempo le sinistre, con il silenzio complice della “Democrazia Cristiana”, nascondevano le atrocità commesse da Lenin e da Stalin, che rappresentavano i loro punti di riferimento, confermando una strategia volta ad ottenere uno stato di “verginità” socio politica tesa a idealizzarli.

L'ambiguità, la delinquenza, il crimine e il disprezzo per i diritti umani, sono binomi inscindibili che rappresentano esattamente lo stereotipo della sinistra.

Francesco Moranino ne è stato un degno esemplare.

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