L'eccidio di Schio

Edito il 2 dicembre 2017


L'eccidio di Schio è il massacro compiuto nella notte tra il 6 e il 7 luglio 1945 (due mesi dopo la fine della guerra) a Schio (Vicenza) da un gruppo formato da una dozzina di ex partigiani della Divisione garibaldina "Ateo Garemi" insieme ad agenti della “Polizia ausiliaria partigiana” (istituita alla fine della guerra e composta da ex partigiani).

articolo
Gli assassini partigiani fecero irruzione nelle carceri e uccisero ben 53 persone, fra cui molti fascisti e 15 donne massacrandole barbaramente a colpi di mitra, sotto la guida di Igino Piva, detto “Romero”.

Fra i carnefici c’era anche il ventiduenne Valentino Bortoloso detto “Teppa” che per questi omicidi fu prima condannato a morte da un tribunale di guerra alleato (1945) poi si vide commutare la pena in ergastolo, e infine beneficiò dell’amnistia del 1955.

Gli organizzatori dell’eccidio, all’epoca dei fatti, dopo la carneficina scapparono come conigli verso i Paesi dell’est, aiutati da Togliatti e dal Partito comunista.

Nel mese di aprile del 2016, a Vicenza, l’eredità ideologica dei partigiani assassini rivelò nuovamente il suo vero volto criminale per mezzo dei suoi eredi che invece di scusarsi e prendere le distanza dalle efferatezze dei loro idoli partigiani e assassini, ne commemorarono le gesta, insignendoli di medaglie della Resistenza.

Il boia Bertoloso detto “Teppa”, oramai dell’età di 93 anni era tra i medagliati, impettito e immemore dei crimini di cui si era macchiato come partigiano assassino.
Il Ministro della Difesa revocò poi l’onorificenza, costretto dallo scandalo che ciò rappresentava e che rischiava di “sverginare” il vero profilo politico di tale Governo, peraltro mai votato dai Cittadini.

Nel sito creato per ricordare le vittime di questo feroce atto di disumana violenza ad opera dei comunisti partigiani, si legge:

LE VITTIME, PER LA MAGGIOR PARTE DIPENDENTI DEL LANIFICIO ROSSI, NON ERANO ISCRITTE ALLA R.S.I..

VENNERO AMMASSATE IN UNO STANZONE DEL CARCERE DI SCHIO E FURONO CRIVELLATE DA RAFFICHE DI MITRA, TANTO CHE IL SANGUE SPRIZZO' FINO AL SOFFITTO E FORMO' SUL PAVIMENTO UNA POLTIGLIA RACCAPRICCIANTE.

L'ORRORE DI UNA MATTANZA TANTO DISUMANA FECE PRONUNCIARE AL GEN. AMERICANO DUNLOP, GOVERNATORE MILITARE ALLEATO NEL VENETO, QUESTE PAROLE DI ESECRAZIONE:

"MAI PRIMA D'ORA IL BUON NOME DELL'ITALIA E' CADUTO TANTO IN BASSO NELLA MIA STIMA"

Il testo completo che comprende le parole del Generale Dunlop, pronunciate il giorno 8 luglio 1945 nella sala maggiore del municipio di Schio è il seguente:

Sono qui venuto per una incresciosa missione.
Per un anno e mezzo ho lavorato per il bene dell'Italia, in Sardegna, nel Meridione, nel Lazio, nell'Umbria.
La ma opera e la mia amicizia sono state, io lo so, riconosciute e apprezzate.
E' mio dovere dirvi che mai prima d'ora il nome dell'Italia è caduto tanto in basso nella mia stima.
E' necessario che voi tutti Italiani guardiate la realtà in faccia.
Voi chiedete che l'Italia abbia la posizione di alleata e di amica degli Stati Uniti d'America e di Gran Bretagna.
Io vi dico apertamente che non potete guadagnarvi tale amicizia finchè vengono compiuti atti turpi come questo.
Dovete rendervi conto che i nostri Paesi sono liberi e che ognuno pensa e dice quello che sente.
I nostri soldati scrivono a casa e dicono ciò che pensano dell'Italia.
Essi tornano alle loro case e ne parlano coi loro amici.
Che specie di storia essi racconteranno di Schio?
Non è libertà, non è civiltà che delle donne vengano allineate contro un muro e colpite al ventre con raffiche di armi automatiche e a bruciapelo.
Da secoli non si ha notizia di cose del genere nel mio Paese.
Ciò che succede in Italia è affar vostro, ma io vi dico francamente che se voi desiderate l'amicizia e l'aiuto degli Alleati, queste cose debbono cessare.
Chiedo a voi piena e immediata cooperazione per assicurare alla giustizia i delinquenti.
Ci sono molti che debbono essere a conoscenza di quanto si progettava e di ciò che è stato fatto.
E' loro dovere verso l'Italia presentarsi e parlare.
Io prometto severa e rapida giustizia verso i delinquenti.
Confido che il rimorso di questo turpe delitto li tormenterà in eterno e che in giorni migliori la città di Schio ricorderà con vegogna e orrore questa spaventosa notte.
E con ciò ho detto tutto.


Per comprendere appieno quanto fosse smisurato il delirio di onnipotenza delle bande armate comuniste e partigiane, va ricordato che la guerra era già finita, e che quindi questi crimini non hanno la benchè minima giustificazione.
Sono stati infatti premeditati e perpetrati con la stessa fredda consapevolezza di assassini brutali, come i comunisti partigiani hanno dimostrato di essere.

Bortoloso La vulgata resistenziale comunista ha da sempre cercato di fornire un alibi agli autori dell'efferato eccidio affermando che la decisone di uccidere "i fascisti" fu presa dopo l'arrivo in Paese di un certo Perdighi, reduce dal campo di sterminio nazista di Mathausen, il quale annunciò la morte di un gruppo di compaesani che erano stati deportati insieme a lui.
La popolazione scledense organizzò una manifestazione di protesta con tanto di corteo, dal quale, passando sotto le finestre del carcere in cui erano detenuti "i fascisti", si levarono grida minacciose.
Ciò risponde al vero, ma in realtà la decisione di uccidere i detenuti, donne comprese, era già stata presa molto tempo prima, come comprovano le affermazioni dei testimoni.

Franceschini Già prima della metà di giugno si parlava di un preciso programma di sterminio dei prigionieri, che prevedeva come data iniziale quella del 4 luglio.
Un atto di violenza, fuori Legge e apertamente in contrasto con le regole di una società civile, in spregio alla vita umana e ai più elementari diritti dell’uomo.
La reazione della Giustizia, per mano della Corte militare alleata, non si fece attendere, e portò all’individuazione dei responsabili.

Ecco l’elenco degli assassini partigiani comunisti e criminali, e delle condanne inflitte loro nel 1945:

Bortoloso Valentino, nato nel marzo del 1923, detto Teppa, appartenente al battaglione , condannato a morte.
Il comandante della brigata Martiri Val Leogra dichiarò che Teppa era il più valoroso dei suoi uomini, ma tale affermazione, a lume di logica, cozza contro la palese vigliaccheria da lui dimostrata nello sparare contro donne e prigionieri indifesi.

Fochesato Canova Gaetano, detto Sita, appartenente al battaglione , condannato all’ergastolo.

Fochesato Antonio, detto Treno, appartenente al battaglione , condannato a morte.

Franceschini Renzo, nato a Vicenza nel 1920, detto Guastatore, appartenente al battaglione , condannato a morte.
Rilasciò una dichiarazione a John Valentino, agente del CID della V armata in cui affermò che "..da parecchio tempo i comandanti partigiani avevano intenzione di uccidere i fascisti che si trovavano nelle prigioni mandamentali di Schio".

Canova Santacaterina Aldo, detto Quirino, appartenente al battaglione , condannato all’ergastolo.

Altri otto colpevoli furono individuati successivamente e condannati all’ergastolo nel 1952, ma solo uno di loro era presente in aula, perché gli altri sette erano già scappati nei “paradisi” comunisti (grazie all’aiuto di Togliatti).

Nell'elenco di coloro che ebbero un ruolo nell'eccidio figurano anche:

Broccardo Giovanni, detto R.T., appartenente al battaglione .

Ciscato Italo, detto Gandi, appartenente al battaglione .

De Rizzo Ermenegildo, nato nel 1925, detto Polenta.

Igli.

Losco Lido.

Losco Luigi, detto Tenace, riuscì a convincere i Giudici che lui non era stato uno dei partecipanti al massacro, anche se fu chiaramente indicato come tale dalla testimonianza di Quirino, appartenente al battaglione .

Maltauro Ruggero, nato a Vicenza nel 1919, detto Attila, fu indicato come uno degli organizzatori della strage.

Manea Narciso, detto Marven.

Micheletti Bruno, detto Brocchetta.

Pegoraro Gaetano, detto Nello, comandante del battaglione "Ramina Bedin", fu indicato come uno degli organizzatori della strage.

Piva Piva Igino, detto Romero, fu indicato come uno degli organizzatori della strage.

Scortegana Bruno, detto Terribile.

Fu poi istruito un terzo processo al fine di identificare eventuali responsabili nella catena gerarchica da cui era partito l’ordine di compiere la strage, ma gli incriminati furono assolti con motivazioni varie.
I mandanti sono così ancora oggi sconosciuti, ma va tenuto ben presente che i partigiani assassini esecutori materiali dell’eccidio di Schio erano TUTTI legati al Partito Comunista e alle Brigate Garibaldi del periodo bellico, nonchè alle organizzazioni paramilitari nate da queste ultime alla fine della guerra.

Santacaterina Va detto che il 2 settembre 1990 fu pubblicato sulle pagine di "il Giornale" di Indro Montanelli un racconto di Massimo Caprara, giornalista, ex deputato del PCI ed ex segretario di Togliatti, nel quale mette in evidenza la complicità del Segretario del PCI con l'apparato criminale partigiano.
Caprara raccontò infatti che dopo la strage di Schio, si presentarono nel suo ufficio a Roma tre personaggi, uno dei quali aveva un rigonfiamento alla cintura, segno evidente del fatto che fosse armato, affermando testualmente:

"Siamo quelli di Schio, avverti Togliatti!"

Il segretario avvertì quindi Togliatti, il quale a sua volta chiamò Secchia e Longo, dando il via così all'operazione con cui avrebbero coperto e protetto i tre assassini, mettendoli al sicuro.

Alla luce di tutto ciò, dato che sia il ministro comunista di Grazia e Giustizia Palmiro Togliatti che il suo segretario Massimo Caprara si adoperarono perché il PCI provvedesse all’espatrio dei condannati, trovando loro rifugio a Praga, si può considerare questo eccidio, in ogni suo elemento come una vera e propria “Strage di Stato”.

Caprara e Togliatti I singoli tasselli che compongono il quadro di insieme dell'intera vicenda storica sono infatti riconducibili a precise responsabilità dello Stato:

1) - Le vittime dell'eccidio erano in carcere, sotto custodia, e come detenuti erano sotto la responsabilità diretta dello Stato, per quanto riguarda anche la loro stessa sicurezza.
2) - La "Polizia partigiana ausiliaria" (a cui apparteneva una parte del gruppo di assassini) era riconosciuta come organo dello Stato.
3) - Gli assassini godettero del completo appoggio del Ministro di Grazia e Giustizia, che li fece addirittura espatriare.
4) - Si è cercato a lungo di impedire l'accertamento dei fatti poiché ciò causava imbarazzo alle autorità e agli organi dello Stato.

Ecco l'elenco delle vittime, in ordine alfabetico :

DECEDUTI SUL POSTO:

targa Schio Amadio Teresa, anni 41, operaia tessile.

Arcaro Teresa, anni 45, impiegata.

Arlotta Dr. Michele, anni 62, Primario chirurgo dell’ospedale di Schio dove arrivò nel 1937. Era stimato e benvoluto e nei momenti più difficili accolse nel suo reparto sia partigiani che ebrei, impedendo con decisione ai tedeschi di entrarvi. Fu arrestato e imprigionato dai partigiani comunisti e lasciato per 45 giorni in cella insieme ad altri prigionieri, verso cui si adoperò per alleviare le loro sofferenze. Al momento dell'eccidio fece scudo con il suo corpo ad alcune giovani donne.

Baldi Irma, anni 20, casalinga. Venne arrestata dai partigiani il 10 maggio al posto del padre che era irreperibile. Si seppe che era stato assassinato il 30 aprile a Conegliano.

Bernardi Quinta, anni 28, operaia tessile. Fu arrestata dai partigiani insieme alla sorella, Settima Bernardi, perchè aveva assistito all'assassinio del proprio padre, avvenuto dopo la liberazione per mano di un certo Grazzelli. L'omicida fu arrestato e condannato e questo scatenò l'ira dei partigiani comunisti che si vendicarono sulle figlie della vittima.

Bettini Umberto, anni 40, impiegato. Sposato con Fernanda Franchini, uccisa anche lei.

Bicci Giuseppe, anni 20, impiegato di Arezzo. Aveva prestato servizio nella Polizia stradale.

Calvi Ettore, anni 45, tipografo di Magrè e pittore. All'età di 20 anni era stato a Fiume con Gabriele D'Annunzio. Lasciò moglie e due figlie.

Ceccato Livio, anni 37, impiegato. Alla fine della guerra era sergente nella milizia. Lasciò moglie due figli, che si trovarono in una situazione di grande indigenza. La sua tomba venne profanata da ignoti sciacalli.


                


Dal Collo Maria, anni 56, casalinga.

Dal Cucco Irma, anni 19, casalinga. Venne arrestata al posto del padre ma poi si decise di liberarla perchè si scoprì che il padre era già stato ucciso, ma i partigiani si "dimenticarono" di dare seguito alla sua liberazione. In precedenza due sorelle maggiori di Irma furono prelevate da casa e trascinate in un bosco, dove furono violentate. Una delle due rimase incinta dei suoi stupratori.

Dal Dosso Anna, anni 19, operaia alla Lanerossi perchè fidanzata con un alpino della divisione "Monterosa".

Dal Santo Antonio, anni 47, operaio. Abitava al villaggio Pasubio.

De Lai Francesco, o Dellai Francesco, anni 42, operaio tessile, cardatore presso la Lanerossi. Abitava al villaggio Pasubio.


                


Fadin Settimio, anni 49, commerciante.Aveva il grado di capitano di complemento. Era un fascista attivo ma non aveva ricoperto cariche.

Faggion Mario, anni 27. Era autista presso una azienda scledense (n.d.a. "di Schio") e aveva fatto la guerra come autiere. Fatello di Faggion Giuseppe, insegnante di ginnastica.

Fasson Severino, anni 20, calzolaio. Era stato militare nella contraerea.

Franchini Fernanda, anni 39, casalinga. Moglie di Bettini Umberto (vedi sopra).

Govoni Silvio, anni 55, impiegato.


                


Lovise Adone, anni 40, impiegato.

Lovise Angela Irma, anni 44, casalinga, sorella di Blandina. Erano entrambe iscritte al Fascio repubblicano senza ricoprire incarichi.

Lovise Blandina, anni 33, impiegata, sorella di Angela Irma.

Magnabosco Lidia, anni 18, casalinga.

Mantovani Roberto, anni 44, segretario comunale di Tretto.

Marchioro Isidoro Dorino, anni 35, commerciante di Magrè. Era ragioniere e laureato in economia e commecio. Insieme ai suoi fratelli aveva dato vita ad auna importante ditta di vendita all'ingrosso. Dopo la sua incarcerazione, i partigiani comunisti saccheggiarono il suo magazzino e la casa, insediandovi la sede del loro comando. La moglie di Marchioro e i suoi quattro figli furono privati di tutto e lasciati nell'indigenza . Il fratello Domenico, di 20 anni, venne seviziato e ucciso a Pedescala.

Menegardi Alfredo, anni 17, imiegato presso l'Associazione Commercianti di Schio.

vittime Miazzon Egidio, anni 44, impiegato.

Mignani Giambattista, anni 26, commerciante, era stato militare nella contraerea.

Nardello Luigi, anni 35, cuoco di Santorso.

Pangrazio Giovanna, anni 31, impiegata.

Perazzolo Alfredo, anni 29, meccanico. Nell'eccidio sopravvisse suo padre.

Ponzo Vito, anni 58, commerciante trapanese.

Pozzolo Giuseppe, anni 46, impiegato di Torrebelvicino. Lascò moglie e tre figli giovanissimi.

Rinacchia Giselda, anni 25, operaia. Suo padre morì mentre era in stato di detenzione presso l'Ospedale di Schio, mentre un fratello di 23 anni era stato ammazzato dai partigiani comunisti in Val d'Aosta.

Rizzoli Ruggero, anni 51, avvocato. Con il grado di Maggiore fece parte della Commissione di Armistizio con la Francia. Facendo parte della Segreteria di Mussolini riuscì a salvare molti giovani di parte avversa e per questo fu anche arrestato dai tedeschi. Liberato il 26 aprile venne incarcerato il mese successivo dai partigiani.

Rossi Leonetto, anni 20, studente, milite della polizia stradale.

Sella Antonio, anni 60, farmacista, dal 1924 produttore di specialità medicinali, attività sfociata poi nel 1946 nell'attuale Laboratorio Chimico "A. Sella". Fu un combattente della Grande Guerra, e divenne poi podestà del Comune di Magrè dal 1924, poi Podestà di Valli del Pasubio.

Slivar Antonio, anni 65, pensionato istriano. Era stato dirigente della Lanerossi. Fu incarcerato con il figlio ventiquattenne e al momento dell'eccidio riuscì a salvarlo facendogli scudo con il proprio corpo.

Spinato Luigi, anni 36, di Torrebelvicino. Mutilato civile, era addetto alla portineria nella Ditta Lanerossi.

Stefani Giuseppe, anni 63, impresario, ex Podestà e Giudice conciliatore di Valdastico.

Stella Elisa, anni 68, casalinga. Fu accusata da un suo inquilino che non voleva pagare l'affitto di avere simpatie fasciste.

Tadiello Carlo, anni 22, studente universitario e ufficiale. Riuscì a salvare il padre coprendolo con il proprio corpo.

Tommasi Sante, ani 53, impiegato nella società Val Brenta, era iscritto all'Azione Cattolica di Magrè e fondatore della San Vincenzo locale. Fu richiamato negli alpini con il grado di capitano e assegnato al distretto di Vicenza. In seguito fu dislocato come comandante presso un reparto di protezione impianti e pronto soccorso alle vittime dei bombardamenti. Lasciò moglie e cinque figli.

Tonti Luigi, anni 49, commerciante. Si era stabilito a Schio dopo la Prima guerra, nella quale aveva combattuto sul Pasubio. Formò una famigliae una azienda commerciale che venne rapinata due volte dai partigiani comunisti.

Trentin Francesco, anni 53, invalido, operaio tessile.

Ziliotto Ultimo, anni 38, ragioniere presso il Lanificio Conte.

Zinzolini Oddone, anni 40, rappresentante di commercio. Non si seppe mai il motivo della sua incarcerazione.


DECEDUTI NEI GIORNI SUCCESSIVI A CAUSA DELLE FERITE RIPORTATE

Baù Giovanni, anni 24, commerciante a Torrebelvicino.Morì all'ospedale di Schio.

Bernardi Settima, anni 21, operaia. Era la sorella di Quinta, arrestata con lei per vendetta dai partigiani comunisti. Morì all'Ospedale di Schio.

De Munari Arturo, anni 43, tessitore. Deceduto all'Ospedale di Schio.

Fistarol Giuseppe, anni 47, già contabile alla Italcementi, era stato nel genio militare con il grado di maggiore di complemento. Deceduto all'Ospedale di Schio.

Plebani Mario, anni 49, commerciante, appartenente alla RSI. Aveva aiutato partigiani e avversari politici, togliendoli dalle mani dei tedeschi.

Sandonà Carlo, anni ultrasettantenne pensionato. Di professione barbiere aveva fatto parte della milizia. Morì all'Ospedale di Vicenza, dove era stato trasferito.

Vescovi Dr. Giulio, 35 anni, dottore in legge.Dirigente della Lanerossi, era stato capitano in Africa, e decorato due volte sul campo. Nel 1943, all'età di 43 anni, divenne commissario prefettizio del Comune di Schio, riuscendo ad evitare rappresaglie a seguito degli attentati partigiani contro itedeschi. Riuscì a salvare la Lanerossi e il Pnte sul fiume Leogra che i guastatori tedeschi avevano avuto ordine di distruggere. Concordò un patto di tregua con il CLN che non venne mai rispettato dalle formazioni comuniste. Durante la sparatoria dell'eccidio rimase ferito non gravenente alle braccia e alle gambe, ma morì inspiegabilmente all'ospedale di Schio il 18 luglio, Lasciò moglie e una figlia in tenerissima età. (ex commissario prefettizio fascista).


assassini pci SOPRAVVISSUTI: 17 hanno riportato ferite, ma si sono salvati

Bigon Luigi, anni 42, rappresentante di commercio.
Borghesan Antonio, anni 19, elettricista.
Cortiana Giuseppe, anni 53, impiegato.
Dall’Alba Maria, anni 23, casalinga.
Dal Zotto Anselmo, anni 25, studente.
Facchini Guido, anni 25, muratore.
Faggion Giuseppe, anni 36, insegnante di ginnastica.
Fantini Mario, anni 42.
Franco Anna Bruna, anni 17, studentessa.
Gavasso Emilia, anni 49.
Gentilini Carlo, anni 38, ingegnere.
Ghezzo Emilio, anni 47, mecanico.
Pavesi Olga, anni 42, casalinga.
Perrin Arturo, anni 30, insegnante.
Pillitteri Calcedonio, reduce dalla Russia. Durante la sparatoria dell'eccido fu colpito da 23 pallottole e cadendo a terra fu coperto dai corpi degli altri caduti. Aveva le gambe sfracellate, un braccio inerte e il torace crivellato. Svenne e in seguito si ritrovò in una corsia dell'Ospedale cittadino, dove qualcuno lo picchiò. Fu creduto morto e un sacerdote gli diede l'estrema unzione.
Tadiello Rino.
coglioni Tisato Rosa, anni 35, operaia.


ILLESI: in 13 NON furono colpiti e non riportarono alcuna ferita

Alcaro Giovanni.
Busato Bruno.
Calgaro Pietro.
Capozzo Diego (ex vicecommissario prefettizio).
Cecchin Augusto.
Federle Alessandro.
Federle Vittorio.
Micheletto Agostino.
Perazzolo Umberto.
Sartori Caterina.
Slivar Ferry.
Tommasi Alfredo.
Trombetta Basilio.

La violenza è insita nel comunismo, che non esita ad accanirsi anche contro le donne, come dimostrano questi fatti, oltre alle stragi epocali e ai genocidi commessi in svariate parti del mondo.
La crudeltà e il sadico bisogno di sangue di vittime innocenti di cui si nutre il comunismo va di pari passo con l’esigenza di nascondere i misfatti compiuti, ed è per questo motivo che per decenni gli intellettuali, o pseudo tali, degli eredi di Togliatti hanno nascosto i fatti, mistificando la realtà, storpiandola, manipolandola e stuprando la stessa Storia.
Ancora oggi l'accozzaglia di politicanti delle sinistre, fortunatamente in via di estinzione, tace sul fatto che in Italia ci siano vie e piazze intitolate ad efferati criminali comunisti, i quali si sono nutriti col sangue delle loro vittime, come Togliatti e Lenin.
Addirittura questi parassiti della società civile, sotto il nome di Pd, Leu, o Italia Viva, si vendono come paladini dei diritti umani, mentre nascondono lo spregio e lo scempio che i loro amati partigiani assassini hanno rivolto contro persone innocenti, compreso le donne.

La sinistra, ansiosa di chiudere i capitoli bui della Storia d’Italia legati alle nefandezze compiute dai comunisti e dai partigiani, spende spesso parole come riconciliazione e riappacificazione, ma evita accuratamente di fare autocritica e di chiedere scusa per le atrocità commesse a guerra finita (chiamano ancora oggi il criminale Togliatti con l’appellativo di “il Migliore”).

La demagogia, e non il sentimento di fratellanza, sembra essere lo strumento principe attraverso cui la sinistra vuole imporre le sue strategie palesemente rivolte alla manipolazione.
Quando Il Ministero di Grazia e Giustizia revocò l’onorificenza al criminale “Teppa”, i membri dell’attuale associazione di partigiani gli tributarono invece onori e gratitudine, rispetto e riconoscenza, a testimonianza del fatto che si possa impunemente delinquere quando si è "compagni" !

L’Anpi è correa di stragi ed eccidi, e la sua manifesta faziosità andrebbe perseguita nelle aule dei Tribunali, che però sono ostaggio delle cosiddette "toghe rosse".
Personalmente rivolgo ai caduti di Schio, martiri innocenti e vittime dell’odio comunista, il mio affettuoso ricordo per il loro sacrificio.

PCI, CGIL, ANPI, PD, e tutto l’universo di connivenze che legano in simbiosi queste sigle le une alle altre costituiscono il vero male dell’Italia, così come il loro asservimento a ciò che può essere definito, a ragion veduta, un male assoluto :
il comunismo!

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